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secondi piatti di carne
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Inviata speciale al Palio dello Stufato: resoconti, fotografie, ricette

Febbraio 24, 2010 by Paola Sersante 31 commenti

 

 

 

 

Ricordate, vi avevo raccontato qui che avrei partecipato al Palio dello Stufato?
Quello che, invece, non vi avevo detto è che ho fatto parte della giuria tecnica composta da 12 giornalisti ed esperti del settore enogastronomico, e guidata dal simpaticissimo Leonardo Romanelli, ospite d’onore il grande Fabio Picchi. C’era anche una giuria popolare composta da 50 persone… ed ero pure l’inviata speciale.
 

Scopo dell’operazione, fotografare la preparazione dello stufato e, soprattutto, cercare di carpire tutti i segreti del famoso
drogo, o “le droghe” assolutamente segrete, usate e sapientemente miscelate a San Giovanni Valdarno per preparare questo stufato (non chiamatelo spezzatino, guai!), un piatto fin’ora conosciuto solo tra le mura di questa città.
 

Dunque arrivo 8,30 e già nella cittadina si respira aria di fermento, entro poi in una delle otto gastronomie che partecipavano al palio, la Gastronomia Liliana e Romeo dove grazie alla loro disponibilità, ho portato a termine (come meglio ho potuto, vista la luce) il mio lavoro di fotografa e di inviata speciale.

 

 

Mi accoglie la signora Liliana, donna bellissima alla quale 50 anni di duro lavoro sembra abbiano funzionato come cura di bellezza, altro che terme, forse perché cucina con grande passione ed entusiasmo, e senza mai stanchezza in questa deliziosa gastronomia che pare una bomboniera tanto è graziosa, pulita e ricca di ogni ben di dio. Nulla è lasciato al caso, ogni prodotto, ogni cosa in vendita, sono sapientemente esposti, il tutto con cura, gusto e grande senso estetico, uniti ad una disponibilità, cortesia e gentilezza che completa il quadro.

 

 
Dopo il caffè ed un giretto nel locale, accompagnata dalla figlia Alice, tiro fuori la fotocamera e contemporaneamente inizio ad annusare (manco fossi un cane da tartufo, ehehe) cosa ci sarà nella miscela drogata?
Percepisco per prima cosa la cannella, (ma va??) poi il chiodo di garofano, e chiedo a Liliana che conferma e aggiunge la noce moscata, chiedo ancora ma non si sbottona…
Ma ad un certo punto mi pare di sentire coriandolo, forse anche zenzero (è possibile?)
Non lo sapremo mai, neppure sotto tortura! E devo dire che forse è giusto che sia così, un alone di mistero rende ancora più affascinante questa magnifica preparazione.
 
C’è da dire, poi, che il segreto non è solo nel numero degli aromi, ma nella loro perfetta miscela, ogni sangiovannese ha la sua, anche se sono convinta che non ce ne sia uno che non si diverta a miscelare ogni volta in modo diverso fino al raggiungimento di quella che è la sua perfezione!
 
Mentre fotografavo la signora Liliana e Romeo cucinavano il loro stufato, e nel frattempo me ne spiegavano la preparazione, in questo devo dire nessun segreto, anzi sono stati davvero generosi di consigli,.
Ed io (sempre che lo vorrete preparare, ma ve lo consiglio vivamente) ve li riporto pari pari:
 
– va usato il muscolo di zampa, quella anteriore, e la carne va bagnata assolutamente con un brodo fatto usando l’osso della stessa zampa, questo conferirà morbidezza alla carne, e la giusta cremosità al sugo.
– assolutamente no alla salsa di pomodoro, ma solo concentrato, e poco, Liliana dice che non deve essere “rosso”.
– niente aromi (spezie a parte) solo prezzemolo e cipolla, e assolutamente no al soffritto.

– la carne a piccoli pezzetti si pone nella pentola insieme a olio, cipolla e prezzemolo, il tutto così a crudo, poi le droghe.

 

 
Ecco, quest’ultima cosa ha suscitato in me una vecchia curiosità che credevo oramai sopita, ve la racconto brevemente, chissà che qualcuno sappia dare una spiegazione a tale procedimento.
Lo stesso procedimento lo usava mia suocera, la mitica nonna Ines per il suo ragù alla chianina, lo trovate qui.
Ne ho sempre chiesto a lei il motivo, anche e soprattutto perché, sia a casa sua che altrove, tutti e dico tutti, usano fare il soffritto prima di aggiungere la carne, Lei no!
Ora mi piacerebbe sapere qual è il motivo di questo procedimento, non usuale e anzi direi antico. Incredibile la similitudine col ragù, anche solo per il fatto di soli due odori usati, cipolla e prezzemolo.
 
Finito, quindi, il mio lavoro di reportage mi sono avviata verso i saloni della Basilica dove si è svolto il palio.
Erano 8 le gastronomie che partecipavano ha vinto quella di Mariella e Lucia, ma non erano uomini gli stufatari?? O stufatieri, come dice Cì?
 
Una bella esperienza, a me è piaciuto lo stufato che ha vinto all’unanimità, ma devo dire che era molto ben fatto anche quello che è stato votato dalla maggioranza della giuria tecnica, ero infatti fortemente indecisa.
Tutti e due erano perfettamente equilibrati nella miscela delle droghe, nessuna prevaleva sull’altra, anche se il primo era appena più piccante.
C’è da dire che un dubbio mi è venuto, ma chissà se poi nella storia dello stufato, una volta fossero molto più apprezzati quelli più fortemente speziati?
Non saprei…
 
Intanto il muscolo è in frigo, l’osso di zampa anche, io ci provo con il drogo già pronto e miscelato del negozio del Pratesi di San Giovanni che ci hanno regalato a fine manifestazione.
Oggi, se posso, dovrei passare a prendere anche quello della gastronomia di Liliana e Romeo che domenica ho dimenticato…
 
Intanto se volete provare lo stufato, e ve lo consiglio, vi lascio due ricette, la prima è quella che mi ha trascritto il mio amico Stefano Spilli, dal libro di Paolo Petroni, e che, oltre la noce moscata, cannella e chiodi di garofano, prevede il macis e il cardamono, chissà?
La seconda è quella in rima e raccontata che gira a San Giovanni Valdarno.
 
 

 

STUFATO ALLA SANGIOVANNESE, da Paolo Petroni, Il grande libro della vera cucina toscana, Il Centauro, Firenze, 1996, pag. 481
 
Ingredienti per 4 persone:
spezzatino di muscolo di vitellone: gr. 800
una cipolla
prezzemolo
brodo di osso di zampa
Spezie (vedi nota)
un cucchiaio di conserva
vino rosso
olio d’oliva
sale e pepe
In un tegame, possibilmente di coccio, mettere insieme 8 cucchiai d’olio, un trito fine di cipolla e prezzemolo, la carne, sale e pepe.
Fate rosolare e colorire, girando spesso, poi bagnate con un bicchiere di vino ed aggiungete un bel cucchiaio di spezie miste.
Appena sarà ritirato, unite il concentrato diluito in una tazza di brodo e proseguite la cottura, piano piano, bagnando con del brodo caldo man mano che occorre.

Per la cottura ci vorranno oltre 2 ore, dipende dalla carne, comunque alla fine dovrà essere morbidissima.

* * *

Per fare un ottimo stufato, come si usa a San Giovanni Valdarno, occorre usare del brodo di zampa (colloso) e soprattutto le spezie miste.
Queste spezie sono un segreto impenetrabile, sono vendute “in loco” e nessuno sa o vuole indicarne gli ingredienti.
Si chiamano “spezie da stufato”, si comprano e non ci si pongono tanti problemi.
Azzardo quindi una miscela, sulla base di un mio giudizio olfattivo e gustativo: chiodi di garofano pestati, cannella in polvere, noce moscata, macis, cardamomo.
Nel comune di San Giovanni, per le “Feste del Perdono”, si usa ancora oggi preparare un abbondante stufato che viene servito, nei locali annessi alla Basilica, a tutti i cittadini.

 

 

 

La Ricetta in rima
Se questo piatto buono tu vuoi fare

 

questi son gli ingredienti da adoprare:
muscolo libbre tre, tagliato a modo
e di osso e zampa a parte, fai del brodo.
Tanto prezzemolo e di cipolle una
fai un bel battuto con la mezzaluna,
vino, olio di oliva, un’impepata,
spezie, garofano e alfin noce moscata.
Indi di coccio un tegam devi pigliare,
ci versi l’olio ma senza esagerare;
perché riesca bene, se ti preme,
metti la carne col battuto insieme.
Allor che tutto principia a rosolare
non ti stancare mai di razzolare,
quando il colore ha preso marroncino,
metti le droghe e un bel bicchier di vino.
Appena il vino s’è tutto consumato
aggiungi il pomodoro concentrato
a questo punto puoi abbassare il fuoco:
cuoci aggiungendo il brodo, poco a poco.
Questo piatto che viene da lontano
saprà ridarti quel rapporto umano
e far capire anche al più somaro
che il tempo è vita e che non è denaro.

 

 

 
Altre notizie sul palio: qui i video, e la rassegna stampa. Un ringraziamento a Aida per l’organizzazione

 

 

 

 

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Lo spezzatino o “stufatino di muscolo”

Febbraio 12, 2010 by Paola Sersante 50 commenti
Prendo spunto da un intervento di Stefano Arturi, qui sul post del brodo express, dove poneva una domanda con tutti i presupposti per un’interessante riflessione.
Spezzatino o "stufatino di muscolo"
 
Stefano scriveva così:
Penso che si debba smettere di considerare la cucina solamente come questione di pancia. Dobbiamo usare anche il cervello e il cuore.

 

Se uno deve fare il brodo, viene benissimo (anzi meglio) nella pentola a pressione. Ma, ed è un ma importante, il brodo (e la carne) deve essere considerato un piatto speciale: dovremmo tutti diminuire il consumo di carne, per la nostra salute e per la salute dell’ambiente.
Cioè da consumatori con cervello e cuore del 3°millennio, forse non dovremmo trovarci più nella condizione di aver bisogno di un brodo di carne veloce: non e’ giusto, non facciamo cosi onore all’animale morto per il nostro piacere e per la nostra cultura (no, non sono vegetariano).
Quando decidiamo di mangiare carne (che sia arrosto, polpette, brodo ecc…) dobbiamo farlo con consapevolezza. Deve diventare un pasto occasionale, pensato, ragionato e per cui essere grati.
Troppi consumano ancora troppa carne, troppo alla leggera. La carne soltanto ogni tanto puo’ essere improvvisata, se no, se andiamo avanti con un consumo sconsiderato, i nostri nipoti forse avranno molti piu problemi di quando non possiamo immaginare (a livello di inquinamento ad esempio, a chi e’ interessato, vedere come contribuiscono i gas animali all’effetto serra).
Che ne pensate?
Stefano Arturi
 
Giro la domanda a tutti voi, non senza scrivere brevemente il mio pensiero e regalandovi uno dei pochissimi secondi di carne che mi riesce particolarmente bene, così almeno dicono a casa, lo spezzatino di patate, o stufatino di muscolo, così come lo chiama l’Artusi. Preparazione quasi identica, un po’ più povera la sua, un poco più ricca la mia.
Rimane comunque un piatto povero, ma non per questo meno squisito, a casa mia non si mangia moltissima carne, e, quando mi è possibile, cerco di cucinarla al meglio. Quando mi trovo nelle condizioni di dover preparare un piatto veloce, preferisco un uovo fritto, che adoro tra l’altro.
E, come Stefano, penso che si dovrebbe cercare di essere consumatori un po’ più attenti e soprattutto informati, ragionare le preparazioni, gli ingredienti, e le provenienze.

Per quanto riguarda il consumo di carne, credo che comunque rispetto ad una trentina di anni fa, ci si comporti in maniera molto diversa. Ricordo da ragazzina i lunghi sabato pomeriggio passati dal macellaio (file interminabili anche di oltre un’ora) quando mia mamma mi mandava a comprare la carne, davvero in quegli anni se ne faceva un uso piuttosto sconsiderato.
Oggi mi pare sia un po’ diverso, la carne non entra tutti i giorni sulle nostre tavole e si da spazio a molti altri alimenti. Anche se,
e non parlo di chi del buon cibo ne fa una linea di condotta della propria vita, ci sono ancora troppe persone che si cibano di cibi pronti, basta guardare nei carrelli al supermercato.

Aggiungo ancora che della carne, cerco di informarmi sulla provenienza (italiana ovviamente, possibilmente chianina qui si trova, almeno così dicono) e soprattutto, a meno che non si tratti di una bella fiorentina, compro tranquillamente anche carni di tagli inferiori, o di basso costo, e non per questo meno buoni, anzi!

Ad un pollo di carne bianca e molliccia, preferisco allora un bello stinco di maiale, pochi euro, stesso tempo di cottura ma tutt’altra storia! Ecco, questo intendo per preparazione ragionata.

Peccato che in macelleria, e qui si aprirebbe di nuovo un altro discorso, si trova la carne che il cliente chiede… lo stinco? quasi mai! E trippa, coratella di agnello, fegato misto, tanto per nominarne qualcuna, ma che roba è?

Ecco il mio spezzatino, così come lo faccio da anni, qual è il vostro? E quali sono i vostri secondi piatti di carne?

 

 
 

 

SPEZZATINO DI PATATE

 

 
Ingredienti: (per 6 persone)
1 kg. di muscolo di manzo tagliato a piccoli tocchetti
2 belle cipolle
vino rosso
1 barattolo di pelati piccolo
acqua o brodo
paprika dolce o polvere di peperoni cruschi dolce

 

rosmarino
peperoncino

 

sale
olio extravergine di oliva
 
1 kg. di patate
 
Procedimento:
 
In un grosso tegame di coccio, con dell’olio buono, si fa appassire, a fuoco molto basso, un bel trito di cipolle, avendo cura di non farle bruciare. Dovranno quasi disfarsi. Ci si mette poi la carne e si fa rosolare un poco, lasciando che s’insaporisca bene e rimestandola spesso, a fuoco mediamente vivace. Quando la carne inizia a colorirsi, si aggiusta di sale e si sfuma con poco più di 1/2 bicchiere di vino rosso. Quindi si continua la cottura lentamente, a fuoco basso.
Quando il sugo ha tirato, si aggiungono 1 cucchiaio di rosmarino tritato, 1 cucchiaino di paprika dolce (o polvere di crusco) e si fa rosolare ancora qualche minuto sempre rimestando.
A questo punto si versano i pomodori passati al setaccio e acqua o brodo fino a coprire tutta la carne.
Si copre con un coperchio e si porta quasi a cottura, ci vorrà circa 1 ora e 1/2, o anche 2 ore, va assaggiata la carne che dovrà essere tenera, quasi cotta.
Quindi si aggiungono le patate precedentemente pelate e tagliate a pezzi belli grossi, e lasciate ammollo.
Si aggiusta ancora di sale, e si copre portando a cottura completa la carne insieme alle patate.
Queste ultime dovranno essere tenere e cremose. Il sugo dovrà risultare un intingolo ma non troppo ristretto.
Si serve così o sopra dei crostini di pane abbrustoliti. Senza le patate, come piatto unico insieme a della polenta.

 

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Lo stinco di maiale e i tagli o le preparazioni (quasi) dimenticate

Settembre 25, 2009 by Paola Sersante 58 commenti
E’ un po’ che mi chiedo come mai ci sono tagli e preparazioni di carne, e non parlo solo di frattaglie e similari, che anche mi piacciono molto, che, se pure tipici della cucina italiana, sono quasi dimenticati, o snobbati, tipo lo stinco, ma non solo…
Non so se capita in altre zone, lo chiedo a voi, ma di sicuro ci sono posti dove se lo chiedi al macellaio, e non parlo del super, quello ti guarda stranito e ti fa: ehmm, lo stinco?
sì perchè??

eh, non ce l’ho… non lo cerca mai nessuno, ma glielo posso ordinare!

stinco di maiale

Ecco, a me piacerebbe sapere se capita solo a me, e perchè non lo cerca mai nessuno, perchè davvero mi pare strano, o se invece è più un fatto di regioni, di tradizioni.
Ma pure la trippa o i fegatini, per esempio, piatto tipico in toscana, li prepara più nessuno in casa? Mia nonna preparava spesso una coratella mista in umido con le patate che era la fine del mondo, mia mamma la preparava poco, io per nulla, bisognerà che recuperi questa ricetta, anche se, lo so già, la mangerò solo io :((
Perchè ci sono piatti che stanno scomparendo, perchè piuttosto si vanno a mangiare al ristorante, ma a casa non si preparano più?
Perchè, sempre più spesso, se parli di coniglio, si hanno reazioni di quasi disgusto?

E sì che spesso sono tra quelle preparazioni, tra quei tagli di carne più economici, e non per questo meno buoni di altri, anzi!

 

O più semplicemente è un fatto di moda? come scrive l’Artusi, qui sui budini di farina di riso.
Ve lo riporto integralmente, è un po’ lungo, lo so, ma è davvero interessante, è un pezzo di storia, un pezzo di storia della Cucina Italiana:
 

 

La composizione di questo dolce, il quale probabilmente non è di data molto antica, mi fa riflettere che le pietanze pur anche vanno soggette alla moda e come il gusto de’ sensi varia seguendo il progresso e la civiltà. Ora si apprezza una cucina leggiera, delicata e di bell’apparenza e verrà forse un giorno che parecchi di questi piatti da me indicati per buoni, saranno sostituiti da altri assai migliori. I vini sdolcinati di una volta hanno lasciato libero il passo a quelli generosi ed asciutti, e l’oca cotta in forno col ripieno d’aglio e di mele cotogne, giudicato piatto squisito nel 1300, ha ceduto il posto al tacchino ingrassato in casa, ripieno di tartufi, e al cappone in galantina. In antico, nelle grandi solennità, si usava servire in tavola un pavone lesso o arrosto con tutte le sue penne, spellato prima di cuocerlo e rivestito dopo, contornato di gelatine a figure colorate con polveri minerali nocive alla salute, e pei condimenti odorosi si ricorreva al comino e al bucchero che più avanti vi dirò cos’era.
Le paste dolci si mantennero in Firenze di una semplicità e rozzezza primitiva fin verso la fine del secolo XVI, nel qual tempo arrivò una compagnia di Lombardi, che si diede a fare pasticci, offelle, sfogliate ed altre paste composte d’uova, burro, latte, zucchero o miele; ma prima d’allora nelle memorie antiche sembra che sieno ricordati soltanto i pasticci ripieni di carne d’asino che il Malatesta regalò agli amici nel tempo dell’assedio di Firenze quando la carestia, specialmente di companatico, era grande.
Ora, tornando al bucchero, vi fu un tempo che, come ora la Francia, era la Spagna che dava il tòno alle mode, e però ad imitazione del gusto suo, al declinare del secolo XVII e al principio del XVIII, vennero in gran voga i profumi e le essenze odorose. Fra gli odori, il bucchero infanatichiva e tanto se ne estese l’uso che perfino gli speziali e i credenzieri, come si farebbe oggi della vainiglia, lo cacciavano nelle pasticche e nelle vivande. Donde si estraeva questo famoso odore e di che sapeva? Stupite in udirlo e giudicate della stravaganza dei gusti e degli uomini! Era polvere di cocci rotti e il suo profumo rassomigliava a quello che la pioggia d’estate fa esalare dal terreno riarso dal sole; odor di terra, infine, che tramandavano certi vasi detti buccheri, sottili e fragili, senza vernice, dai quali forse ha preso nome il color rosso cupo; ma i più apprezzati erano di un nero lucente. Codesti vasi furono portati in Europa dall’America meridionale la prima volta dai Portoghesi e servivano per bervi entro e per farvi bollir profumi e acque odorose, poi se ne utilizzavano i frantumi nel modo descritto.
Nell’Odíssea d’Omero, traduzione d’Ippolito Pindemonte, Antinoo dice:
… Nobili Proci,
Sentite un pensier mio. Di que’ventrigli
Di capre, che di sangue e grasso empiuti
Sul fuoco stan per la futura cena,
Scelga qual più vorrà chi vince, e quindi
D’ogni nostro convito a parte sia.
Nel Tom. 6° dell’Osservatore Fiorentino si trova la descrizione di una cena, la quale, per la sua singolarità, merita di riferirne alcuni passi:
«Tra i piatti di maggior solennità si contava ancora il pavone, cotto a lesso con le penne, e la gelatina, formata e colorita a figure. Un certo senese, trattando a cena un Cortigiano di Pio II (alla metà del 1400 all’incirca) per nome Goro, fu sí mal consigliato in preparar questi due piatti, che si fece dar la baia per tutta Siena; tantopiù che non avendo potuto trovar pavoni, sostituì oche salvatiche, levato loro i piedi ed il becco.
«Venuti in tavola i pavoni senza becco e ordinato uno che tagliasse; il quale non essendo più pratico a simile uffizio, gran pezzo si affaticò a pelare, e non poté far sì destro, che non empiesse la sala e tutta la tavola di penne, e gli occhi e la bocca, e il naso e gli orecchi a Messer Goro e a tutti…
«Levata poi questa maledizione di tavola, vennero molti arrosti pure con assai comino; non pertanto tutto si sarebbe perdonato, ma il padrone della casa, co’ suoi consiglieri, per onorare più costoro, aveva ordinato un piatto di gelatina a lor modo, e vollero farvi dentro, come si fa alle volte a Firenze e altrove, l’arme del Papa, e di Messer Goro con certe divise, e tolsero orpimento, biacca, cinabro, verderame, ed altre pazzie, e fu posta innanzi a Messer Goro per festa e cosa nuova, e Messer Goro ne mangiò volentieri e tutti i suoi compagni per ristorare il gusto degli amari sapori del comino, e delle strane vivande.
«E per poco mancò poi la notte, che non distendessero le gambe alcun di loro, e massime Messer Goro ebbe assai travaglio di testa e di stomaco, e rigettò forse la piumata delle penne selvatiche. Dopo questa vivanda diabolica o pestifera vennero assai confetti, e fornissi la cena».

 

 

Pellegrino Artusi
 
Che ne dite?
Niente pavone cotto a lesso con le penne, solo le vostre considerazioni e riflessioni se vi va …
 
STINCO DI MAIALE AL FORNO
per 4 persone, costo totale meno di 10 euro
 
4 stinchi di maiale
rosmarino
aglio
olio extra vergine di oliva
pepe
sale
patate
Pillottare lo stinco con l’aglio e il rosmarino, salare, pepare e massaggiare bene con l’olio, meglio anche se qualche ora prima.
Adagiarlo in una teglia da forno ben unta e infornare a 180° / 200° per circa 2 ore facendoli rosolare bene. Continuare la cottura per ancora 1 ora bagnando ogni tanto con poco vino bianco o rosso per evitare che si secchi, e girandoli di tanto in tanto. Nel frattempo pelare le patate, tagliarle a grossi spicchi e gettarle in acqua bollente fino alla ripresa del bollore. Scolarle immediatamente, asciugarle, metterle in un’altra teglia, condire con olio, sale, pepe e rosmarino e infornare fino a che saranno croccanti, e servirle con lo stinco.
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