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Le (mini) Tarte Tropézienne

Marzo 9, 2010 by Paola Sersante 89 commenti
Come si fa a dimenticarsi di una cosa simile? E sì che la Ketty me ne aveva parlato proprio mentre la stava facendo, e dopo aver visto quella mollica – che si capiva benissimo si sarebbe sciolta in bocca – mi ero ripromessa di fare subito questa meravigliosa Tarte Tropézienne, poi (come al solito) me ne sono dimenticata.
Per fortuna qualcuno se n’è ricordato, e l’altro giorno il post è salito, e io ho deciso, l’avrei fatta, anzi che le avrei fatte, formato mignon 🙂
 
 
E’ una delle brioche più leggere che abbia mai mangiato, e pure pare impossibile, specie dopo aver letto gli ingredienti, e invece credetemi non solo pare di tener in mano una nuvoletta (pesa più la cucchiaiata di crema che ci va dentro che la mini tarte) ma quella mollica, dall’alveolatura fine e regolare, si scioglie letteralmente in bocca mentre si mangia, e non sembra affatto che ci siano nell’impasto tanto burro e tante uova, anzi…
 
Ieri sera era pure abbastanza tardi, quasi le 23, ma dopo che per tutto il giorno il pensiero della tarte morbida mi ossessionava, ho deciso, la faccio!
E, con l’inquilino sopra che bussava, mio figlio che gridava mamma voglio dormireeeeeee!! la planetaria andava, andava e incordava un impasto molle che pareva non voler diventare mai gonfio, soffice e soprattutto elastico, dopo un’eternità mi pareva ancora liquido, forse perchè era notte tarda e il rumore era assordante, o forse perché il gancio della mia cialtronics “pesca” male gli impasti con poca farina
Rimane comunque il fatto che il segreto per una perfetta brioche, è questo: un impasto ovviamente equilibrato, altamente idratato e una perfetta incordatura, e, ovviamente, tanta, tanta pazienza, possibilmente al mattino 😉
Alla fine l’ho messo in frigo, dopo mezz’ora di puntata, già profumava così, e stamani ho sfornato una delle migliori paste brioche mai fatte!
Ketty aveva ragione, somigliano a queste, con la differenza che, di sicuro ci vuole meno tempo.
 
Da preparare il sabato sera, per una colazione da sogno di domenica mattina…
 
 
MINI TARTE TROPEZIENNE, da una ricetta di Chef Simon – riveduta e corretta
 
Ingredienti:
300 g di manitoba (io ho usato la Rieper gialla)5
g di sale
45 g di zucchero semolato
12 g di lievito di birra fresco (in estate 8gr-10gr.)
3 uova
130 g di burro
50 ml di latte tiepido
scorza di 1 arancia grattugiata
 
Per decorare:
zucchero in granella
1 tuorlo e 2 o 3 cucchiai di latte per la spennellatura finale
 
La ricetta prevede la farcitura con crema Chiboust, qui tradotta. Io ho usato la mia crema pasticcera con panna e uova intere (da fare il giorno prima)
 
 
Preparazione:
 
Preparare un poolish sciogliendo il lievito nel latte appena tiepido e mescolando 50 gr di farina. Coprire con pellicola e lasciar fermentare 45 minuti/1 ora o fino a quando presenta le prime fossette.
Rovesciare il pooolish nella planetaria e impastare insieme ad un cucchiaio di farina, inserire poi 1 uovo, 1/3 dello zucchero e tanta farina per legare.

Continuare nello stesso modo inserendo 1 uovo, la seconda parte dello zucchero e farina. Con l’ultimo zucchero inserire il sale, lasciando 1 cucchiaio di farina per lo spolvero finale.
Aggiungere il burro morbido poco alla volta, insieme alla scorza d’arancia.

Incordare bene. Ci vorranno almeno 20/25 minuti perché l’impasto diventi elastico e si stacchi in un solo pezzo.
A questo punto porre l’impasto in una ciotola, coprire con pellicola, attendere 30 minuti e mettere in frigo, a circa 6°/7° da 4h fino a 12h.
Tirare fuori, lasciar a temperatura ambiente circa 1 ora poi fare una piega del tipo 1. Coprire.
Attendere 20 minuti, spezzare in 10 pezzi da 65 gr circa l’uno e formare delle palline.
Schiacciarle leggermente sulla parte superiore (le mie poi si sono bombate in cottura) e porle su una placca coperta da carta forno. Coprire con pellicola.
Far lievitare 1 ora.
Spennellare col tuorlo sbattuto e poco latte, spolverare di zucchero a granella poi infornare per 15/20 minuti a 180°.
Raffreddare su una gratella e tagliare orizzontalmente le tarte, poi farcire con la crema, conservare in frigo o in un posto fresco.
 
piesse: se non le vorrete farcire tutte, conservatele immediatamente in un sacchetto per alimenti, saranno morbidissime e profumate anche il giorno dopo (appena verificato 😉 )
 
n.b.: per vedere un video sull’incordatura, se pure riguarda il panettone, andate dallo Ziopiero, dove si capisce benissimo quando un impasto è incordato.
 
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La brioche francese “comune” di Paul Bocuse

Ottobre 16, 2009 by Paola Sersante 70 commenti
Una delle brioche più buone mai fatte, comune si fa per dire 😉

Tempo fa’, girellando nella nostra biblioteca pure abbastanza miserella, alla ricerca del libro di cucina di Leo Codacci, ho visto e immediatamente agguantato i libri de La nuova Cucina di Paul Bocuse, lo chef che ha dato origine alla nouvelle cuisine. Ne parla Virgilio Pronzati, qui, su Tigullio Vino.

La brioche francese di Paul Bocuse

 


Ho iniziato a leggerlo davvero solo qualche giorno fa, fin’ora di tempo ne avevo avuto davvero poco, e posso dire che ne sono rimasta letteralmente affascinata? Ogni ricetta è perfettamente spiegata, e per ogni passaggio, soprattutto di quelli che l’errore rovinerebbe la preparazione, lui spiega si fa così perchè… ed è il “perchè” che insegna!
C’è, per esempio, la ricetta della crema rovesciata dove lui, nella cottura a bagnomaria in forno, spiega che l’acqua non deve bollire, altrimenti si crea una parziale dissociazione della crema che si manifesterà con delle bolle piene di acqua…
evabbè, dirà qualcuno, capirai che scoperta!
ennò, rispondo io, se per esempio cosetta che ha fatto questa panna cotta qui, lo avesse saputo, non avrebbe fatto quell’errore, e pure io avrei aggiunto un’informazione o un possibile errore in più a quello già ipotizzato!
E comunque, questo è solo un esempio, tutto il libro, compresa la ricetta della brioche comune che ho realizzato, è scritto su questa linea. Della brioche per esempio spiega come usare il lievito in estate o in inverno, come dosarne la quantità, insomma non è un libro di ricette e basta, ma ti da le giuste informazioni che serviranno poi, volendo, anche per altre ricette… un po’ come il mio Maestro, quando gli chiedo qualunque cosa, lui non mi liquida con un fai così, ma me ne spiega anche la motivazione.
E, infatti, quando gli ho chiesto come mai Bocuse facesse una doppia lievitazione della brioche, lui mi ha spiegato che serviva a rinforzare la struttura, un po’ come le pieghe 2, a quel punto ho deciso per queste ultime, anche se avrei voluto provare questa doppia fermentazione, ma non avevo tempo.
In ogni caso ora so che può essere utile nel caso non si abbia tempo di continuare subito con la formatura, cottura, ecc. oppure se si ha la necessità di iniziare al mattino e finire la sera, insomma, se si conosce ciò che si sta facendo, ci si può giostrare come meglio si crede, se non si conosce, si sbaglia!
… vabbè, il libro ve lo consiglio calorosamente, io già lo adoro 🙂
 
Dunque di brioche ce ne sono due, una la tradizionale, ehm… 500 gr di burro su 500 gr di farina, ehehe, io non gliel’ho fatta, eh?
ho scelto quella che lui chiama brioche comune, comune si fa per dire, 200 gr di burro, 4 uova, ecc. 🙂
Ma sapete qual è la cosa che mi ha stupito? Che ho provato impasti ben meno ricchi ma che alla fine sono risultati molto più pesanti!
Questa brioscia, invece, è leggera come una piuma, e profumata, saporitissima! Certo, come dice Bocuse, gli ingredienti devono essere di prima qualità, io rimarco questo soprattutto sulla qualità del burro… è una brioche francese, quindi ricca di burro e se il burro non è ottimo, neppure la brioche lo sarà!
Dunque pensate che chi l’ha assaggiata mi ha chiesto “cosa ci hai messo?” Convinti che ci fosse chissà quale ingrediente, invece no, solo uova, farina, burro e lievito, tutto qui!
Per la ridotta quantità di zucchero, si può gustare sia col dolce che col salato.
 
Lo so, sono stata lunga, sorry, ma mi faceva piacere lasciarvi tutte queste preziose informazioni, non solo del libro, ma pure su quanto appena detto.
Ah, aggiungo ancora un’altra riflessione/esperienza, può tornare utile: spesso si legge che l’impasto non lievita, a me non era mai capitato, incredibilmente in questi ultimi due mesi, mi è capitato ben 3 o 4 volte, ovviamente Adriano me ne ha spiegato il motivo, eccolo:
“Il discorso dello zucchero è piuttosto complesso: esercita, nei riguardi del lievito, una pressione osmotica simile a quella del sale, ma in tono minore. In più, negli impasti entra in competizione con il glutine, rubandogli l’acqua.
Questo va tenuto presente quando la ricetta prevede grosse concentrazioni di zucchero, la brioche in questione non ha questo problema, mi pare ce ne siano solo 30gr, puoi inserirli praticamente quando vuoi. Quando invece la concentrazione può creare problemi o antagonismo, è bene inserire lo zucchero, gradualmente, verso fine impasto, quando la maglia ha già preso forma e buona parte della farina è già inserita.”
In ogni caso, con il metodo di Bocuse, lievitino e impasto degli altri ingredienti, credo proprio che questo problema si aggiri 😉
 
LA BRIOCHE* COMUNE di Paul Bocuse
*ho apportato alla ricetta alcune piccolissime modifiche, come l’aumento dello zucchero e le pieghe 2, piuttosto che la doppia lievitazione.
 
Ingredienti:
500 gr di farina (ho usato la manitoba Lo Conte)
250 200 gr di burro di buona qualità (la ricetta dice da 200 a 250 gr io ne ho usati 200 gr)
4 uova medie (+ 1 per la spennellatura)
10 gr di sale
30 gr di zucchero
12 gr di lievito di birra fresco (in estate ne basteranno 6 gr)
acqua
latte
note dal libro: l’associazione di farina, uova, burro, effettuata in ben precise condizioni e assoggettata poi al fenomeno della fermentazione, produce una delle migliori paste dolci a patto, però che gli ingredienti siano di finissima qualità e di freschezza impeccabile.
Procedimento:
Setacciate 125 gr di farina presi dal totale e disponeteli in una ciotola insieme a circa 75 gr di acqua dove si sarà fatto sciogliere il lievito. Impastate questo lievitino che dovrà essere morbido ma abbastanza consistente da poter essere raccolto a palla, e riponetelo nella ciotola, inciso a croce e coperto da pellicola per 40/45 minuti.
note dal libro: usare la giusta quantità di lievito è molto importante, in quanto ne dipende la fermentazione, dalla quale dipendono a loro volta la leggerezza e il sapore della pasta. Se il lievito è troppo, e la fermentazione eccessiva, la pasta avrà uno sgradevole sapore acidulo che cancellerà il profumo e la morbida untuosità del burro.; se invece se ne usa troppo poco, si avrà una pasta pesante, indigesta e di cottura laboriosa a causa dell’insufficiente sviluppo della massa.
 
Nel frattempo preparate gli altri ingredienti, in un piccolo recipiente sciogliete lo zucchero in 2 cucchiai di latte, sciogliete il sale in 2 cucchiai di acqua, poi tagliate il burro a pezzetti in una ciotola e tenete tutto da parte.
Setacciate la farina rimanente e impastatela con 2 uova e il sale sciolto in acqua, meglio se con un’impastatrice, ma è possibile impastare anche a mano. Alla pasta molto dura ottenuta incorporate uno alla volta le altre 2 uova poi lo zucchero sciolto, queste aggiunte vanno fatte lentamente impastando sempre per dare elasticità alla pasta, leggerezza e corpo.
Raggiunto questo punto iniziate ad incorporare il burro rammollito e date una prima incordatura all’impasto.
 
A questo punto aggiungete il lievitino a pezzetti e incorporatelo bene all’impasto, non devono rimanere striature e dovrà essere tutto perfettamente omogeneo e soprattutto incordato.
L’impasto dovrà staccarsi dalla ciotola o dalla tavola, in un solo pezzo, senza che si attacchi.
Infine mettete l’impasto ottenuto in una terrina, in un luogo tiepido, per esempio forno spento, e fate fermentare per circa 2 ore e 45 minuti.
Trascorso questo tempo, avrete due strade:
1. sgonfiate bene l’impasto piegandolo più volte e raccogliendolo a palla sulla tavola leggermente infarinata poi lo riponete di nuovo a lievitare fino al raddoppio (ci vorranno circa 2 ore e mezzo come la prima lievitazione), questa operazione si chiama rompere la pasta e ne aumenta il corpo.
2. oppure procedete, dopo aver sgonfiato bene l’impasto ad un giro di pieghe del 2 tipo, le trovare qui.
Io ho scelto la seconda ipotesi, quella delle pieghe.
In questo caso si copre con un panno la palla ottenuta e si attendono circa 25 minuti.
A questo punto se avete uno stampo da brioche come il mio, 22 cm nella parte alta e 10 cm. alla base, procedete in questo modo: tagliare metà dell’impasto e raccogliendolo a palla ponetelo nello stampo appena imburrato.
Poi tagliate 1/4 di impasto e formare una palla allungandola a forma di pera e usatelo per la testa della brioche, introducendola in un buco, fatto con le dita, al centro della palla grossa.
A questo punto rimane 1/4 di impasto, usatelo per delle mini brioche, ma se avete uno stampo più grande potrete usare tutto l’impasto.
 
Spennellate la brioche con l’uovo sbattuto e riponetela nel forno spento per circa 3 ore, in ogni caso fino a quando la palla grande avrà quasi raggiunto il bordo dello stampo.
Spennellate di nuovo ma molto delicatamente per non sgonfiare la palla, e cuocete la brioche a circa 180° per 45 minuti.
Dopo circa 35 minuti, se la superficie ha preso giù un bel colore, coprite con carta di alluminio e proseguite la cottura fino a quando, infilando un lungo stecchino sotto la testa della brioche, questo uscirà pulti e asciutto.
piesse: ho scritto una cifra, ma la brioche non è difficile, insomma, è ottima e sepoffà 😉
 
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Pesche dolci di pasta brioche

Maggio 18, 2009 by Paola Sersante 111 commenti
La ricetta di queste magnifiche pesche dolci, la pubblicò Paola Lazzari un anno fa’ nel suo meraviglioso album (qui la sua versione col lievito istantaneo)! 
Tanto tempo ci ho messo a replicare, perchè non si sa perchè certe ricette le si fanno subito, per altre invece, forse proprio quelle a cui tieni di più, si fa passare un sacco di tempo…
 
 

E’ vero anche che fino a qualche mese fa non avevo impastatrice e un impasto così, lavorarlo a mano (anche se volendo ci si può riuscire…) mi spaventava!
E così passai la ricetta a Tinuccia, perchè quando fa lei una cosa, sarà la grande amicizia che ci lega, è come se l’avessi fatta io, e vedere il suo magnifico risultato mi aveva a dir poco esaltato, ma tant’è…
 
Nel frattempo mi arriva l’impastatrice, tra le tante cose impasto il babà e prendo confidenza con un certo tipo di impasto, e intanto chiedevo di questa ricetta ad Adriano, il mio Maestro, che mi diceva… “Più che una brioche, è un babà briosciato, una brioche vera e propria difficilmente si riesce a bagnarla senza destrutturarla. Userei manitoba in purezza” … 
 
E così ho intuito che le ricette che vedevo in giro, preparate con impasti “normali” non erano le vere pesche, e infatti prevedevano di scavare la peschina.
Le pesche, invece, che mangiavo da ragazzina, quelle che ora nelle pasticcerie è sempre più difficile trovare, si inzuppano, si piegano all’interno sotto il peso della crema, tanto sono soffici e non c’è bisogno di scavare!
 
Una pasta brioche ma che si inzuppa come un babà, ecco il segreto!
 
… e così, quando ho capito la ricetta, perchè alla fine di questo si tratta, devo capire una ricetta fino in fondo prima di poterla replicare, sabato mattina, una splendida giornata di sole, di quelle che ti mettono di buon’umore pure se non c’è nulla di nuovo… mi sono alzata con in testa queste pesche, e…  dopo averne assaggiata una, a mezzogiorno, il mio buon’umore è salito alle stelle… non appena ne mordi una, giuro, è il paradiso! soffici, lievi e profumate…
 
 
PESCHE DOLCI DI PASTA BRIOCHE 
 
Dice Paola … “La ricetta, con delle piccole modifiche, era di un pasticcere della costiera amalfitana che ci realizzava, non delle pesche, ma un dolce creativo. Avendolo provato, mi ha ricordato le vecchie pesche che mangiavo da ragazzina e così ho leggermente modificato le dosi per adattarle a questa preparazione… “
 
La riscrivo qui esattamente come l’ho fatta io, diminuendo le dosi rispetto alla ricetta originale, usando tutta manitoba, una bagna differente, e la mia crema al limoncello. Ne vengono 12, forse 14 o 15…
 
Ingredienti per la pasta brioche:
Farina manitoba (meglio Lo Conte) 300g
zucchero 30g 
lievito di birra fresco 15g 
uova pesate col guscio 240g 
burro 75g + 15 gr per la formatura delle brioscine
sale 3g 
latte 60g
 
Per lo sciroppo:
zucchero gr 160

 

acqua gr 105
alchermes gr 60
2 cucchiai di liquore Strega
 
Unire l’acqua e lo zucchero nella casseruola e portarla a bollore. Far bollire circa 3 minuti. A fuoco spento, unire l’alchermes e la Strega.
 
 
Per la crema al limoncello:
200 ml di latte

 

50 ml di limoncello

 

1 uovo intero

 

75 gr di zucchero

 

40 gr di farina 00

 

 
Mettere in un pentolino il latte e il limoncello e portare quasi a bollore. Nel frattempo in un altro pentolino sbattere bene l’ uovo con lo zucchero. Aggiungere la farina setacciata e amalgamare bene. Versare poi il latte caldo tutto di un colpo e far rapprendere a fuoco bassissimo mescolando sempre. In 3 minuti circa è pronta.

 

 
 
Preparazione della pasta brioche:
Sciogliere il lievito nel latte tiepido ed iniziare l’impasto unendo a poco a poco le uova una alla volta alternandole alla farina, quindi tutti gli altri ingredienti. Dare una prima incordatura leggera, lasciando 2 cucchiai di farina da parte per lo spolvero finale.
Aggiungere in ultimo il burro, e, non appena assorbito la farina rimasta.
Lavorare l’impasto a lungo finchè non si incorda, dovrà essere liscio, lucido ed elastico. Con la planetaria ci vorranno circa 20 minuti, se si fa a mano una mezz’oretta. Se con la farina rimasta l’impasto è ancora molto molle, aggiungerne ancora 1 cucchiaio raso o 2 ma non di più. 
 
Far riposare l’impasto, coperto, per un’oretta e quindi preparare delle piccole palline di circa 20/25 gr l’una e porle su una teglia foderata di carta forno. La pasta è molto simile a quella del babà, per cui usare il metodo della mozzatura, spiegato qui  e che, per comodità, riporto di nuovo…
 
Con le mani ben unte di burro, prendere piccoli pezzi di impasto e mozzare l’impasto fra pollice ed indice formando delle palline come potete vedere nella foto. Notare anche l’incordatura dell’impasto e le mani ben unte, casomai ungete ogni tanto.
 
 
Oppure procedete come consiglia Paola…  “nel caso si avesse difficoltà a formare delle palline utilizzare una tasca senza bocchetta”…
 
Io ho proceduto col metodo della mozzatura, anche se, sinceramente dopo aver pesato la prima pallina, con le altre sono andata ad occhio… e infatti le ho fatte di tre misure, piccole, medie e grandi! Alla fine, però, la compagna l’ho trovata a tutte 😛
IMPORTANTE: qualunque metodo decidiate di usare, va evitato che si formino delle bolle sulla superficie della pallina, per cui stringete bene durante la mozzatura, portando la “pelle” dell’impasto da sopra a sotto.
 
Farle lievitare per 1 ora e 1/2 (questi tempi sono calcolati per questo periodo, fa caldo, e sono gli stessi tempi che ha usato Tina in Agosto… immagino che in inverno, ci vorranno 2 ore circa), quindi cuocerle in forno a 180°C per circa 10/15 minuti (dipende dalla grandezza). 
 
Preparare lo sciroppo ed inzupparvi le palline. Farle leggermente sgocciolare, e, strizzando leggermente, affondare con le dita ogni pallina per dare la forma concava, quindi passarle nello zucchero.
Poi accoppiarle due a due unendo un po’ di crema. Poggiare le due pesche su dei pirottini di carta e decorare con la punta di un baccello di vaniglia (ma anche con della cioccolata tipo mikado) e due foglioline di menta.
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In questi ultimi mesi ho fatto alcune prove, l'obi In questi ultimi mesi ho fatto alcune prove, l'obiettivo era mettere a confronto pani realizzati con diverse modalità. Licoli, pasta madre solida, biga, e poolish. 
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Cottura su pietra refrattaria o in pentola. Il prodotto risulta leggermente diverso.
Il pre-fermento usato, una gestione diversa, le farine, ci permettono di ottenere pani diversi tra loro. 
Si possono ottenere buoni risultati pure con pre-fermenti usando lievito di birra.
Cambiando pre-fermento, cambiano i sapori, i profumi e ci sono differenze nel tipo di alveolatura.
Ma qual è una buona alveolatura in un pane?
Importante che sia aperta, più o meno grande che sia. Omogena, ma anche più disordinata, dipende dal tipo di pre-fermento, di impasto.
Una grande differenza nel risultato in generale la fa la cottura il giorno successivo, dopo l'appretto in frigo. La cottura in giornata penalizza il prodotto.
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Ma lui dice sempre che non c'è un solo procedimento, ma che si adatta al luogo di lavoro, alle farine, alle tempistiche, alle temperature.
Posso dire con orgoglio che sì, è diventato più bravo di me.
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