Macco di fave e finocchietto

Ricordo ancora quel giorno di tanti anni fa, ero molto piccola e stavo seduta su una piccola seggiola ad osservare mia nonna che rimestava questa zuppa di fave e finocchietto che cuoceva sulla cucina a gas, sì, “maccava”

 

macco di fave e finocchietto

Sento ancora il profumo che inondava la piccola cucina e mi rivedo ad osservare i suoi gesti mentre aspettavo che la mettesse in una piccola scodella e poi me la porgesse. Ne sento ancora il sapore antico, mentre poco dopo la mangio piano seduta sulla seggiolina.
 
E m’è tornata di nuovo, prepotentemente, in mente, quando con la mamma abbiamo “ricostruito” la ricetta della pasta ‘ndaganata… lei vedendo il finocchietto nel giardino, ha ricordato questa pasta di suo nonno… io invece ho sentito il profumo del macco della nonna.
All’epoca non ne conoscevo il nome, l’ho scoperto su gennarino e di gennarino ho rifatto la ricetta, e ho sentito di nuovo lo stesso profumo, ho ritrovato lo stesso sapore!
 
Il maccu di fave di Gic prevede le fave fresche, io, invece, ho adoperato quelle secche decorticate, e ho apportato qualche piccola modifica, ho maccato e aggiunto anche il finocchio lessatoe poi frullato. Per cui la riscrivo esattamente com’è tranne queste due differenze di ingredienti e procedimento.
 
 
MACCU DI FAVE SECCHE E FINOCCHIETTO
 
Ingredienti (per due persone):
Fave secche decorticate, 200 gr.
Finocchietto selvatico, 1 mazzo
Cipollotti freschi, 2
Olio Extravergine di Oliva

Esecuzione:
La sera prima mettere a bagno le fave in acqua fredda. Al mattino sciacquarle bene e cuocere coperte a fuoco basso fino a cottura completa.
 
Pulire il finocchietto separando le cime dal resto. In una pentola portare a bollore 1 litro d’acqua e cuocervi, per 5/10 minuti, il finocchietto, ad eccezione delle cime.
 
In una casseruola far soffriggere un poco, in olio EVO, uno dei due cipollotti e aggiungere le fave scolate. Far rosolare per una decina di minuti e poi coprire a filo con l’acqua della bollitura del finocchietto.
 
Lasciar cuocere a fuoco lento sorvegliando che non si asciughi troppo (aggiungere altro brodo di finocchietto se necessario) e quando le fave cominciano ad essere tenere, aggiungere la metà del finocchietto lessato e iniziare a “maccare” col dorso di un cucchiaio di legno, aggiungendo sempre acqua di cottura del finocchietto.
 
Alla fine si deve ottenere un poltiglia semiliquida, quasi del tutto ridotta in purea. Spegnere e lasciar riposare un poco, il tempo che diventi tiepida.
 
Lessare in acqua le cime del finocchietto, scolarle e metterle da parte.
 
Rimettere al fuoco la pignatta col macco (che nel frattempo si sarà asciugato e indurito) e aggiungere la poca acqua della seconda cottura del finocchietto allentarne un poco la consistenza e salare.
 
A questo punto, Sica – Carlo Sichel – consiglia:
Per ingentilirla nella consistenza e farla diventare leggerissima, basta dargli un colpo di frullatore ad immersione.
Versare nelle fondine. Decorare il centro con le cime di finocchietto e anelli di cipollotto. Irrorare il piatto con un filo di olio extravergine e servire tiepido.
macco di fave e finocchietto

Qualche nota aggiuntiva di GIC, sul macco
: il piatto è originario della provincia di Ragusa, ma si fa in tutta la Sicilia. Il maccu di fave fresche si definisce dialettalmente “maccu favianu” per distinguerlo dal macco di fave secche, che si può fare tutto l’anno, mentre questo è tipico del periodo primaverile. Esiste una versione con pasta che, generalmente, è pasta fresca nel formato “maltagliati”; ma si può usare pure spaghetto spezzato, o linguine.
 
Carlo Sichel consiglia: in una cena raffinata sostituirebbe un’entrata, al posto di una vellutata o una crema.
 
Considerazioni mie: l’ho trovato assolutamente delizioso, anche da mangiare così, tiepido solo o accompagnato con crostini di pane abbrustoliti.
 
da U Maccu di Carmelo Maiorca

 

Nel Vocabolario Siciliano-Italiano di Antonino Traina del 1868, il termine maccu sta ad indicare “vivanda grossa di fave sgusciate, cotte in acqua e ridotte come in pasta”. Significato analogo all’italiano macco, successivamente e genericamente esteso a “minestra stracotta” e “poltiglia”. La zuppa o polenta di fave bollite è un cibo antico…
… il macco è stato tradizionalmente un cibo di poveri: fave secche lasciate per una notte intera dentro una pentola in acqua poco salata e, dopo averle fatte cuocere, ammaccate con una forchetta in modo da ridurle a purea. Si aggiungeva appena un filo d’olio e si mangiava.

 

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