Lo stinco di maiale e i tagli o le preparazioni (quasi) dimenticate
E’ un po’ che mi chiedo come mai ci sono tagli e preparazioni di carne, e non parlo solo di frattaglie e similari, che anche mi piacciono molto, che, se pure tipici della cucina italiana, sono quasi dimenticati, o snobbati, tipo lo stinco, ma non solo…
Non so se capita in altre zone, lo chiedo a voi, ma di sicuro ci sono posti dove se lo chiedi al macellaio, e non parlo del super, quello ti guarda stranito e ti fa: ehmm, lo stinco?
sì perchè??
Ecco, a me piacerebbe sapere se capita solo a me, e perchè non lo cerca mai nessuno, perchè davvero mi pare strano, o se invece è più un fatto di regioni, di tradizioni.
Ma pure la trippa o i fegatini, per esempio, piatto tipico in toscana, li prepara più nessuno in casa? Mia nonna preparava spesso una coratella mista in umido con le patate che era la fine del mondo, mia mamma la preparava poco, io per nulla, bisognerà che recuperi questa ricetta, anche se, lo so già, la mangerò solo io :((
Perchè ci sono piatti che stanno scomparendo, perchè piuttosto si vanno a mangiare al ristorante, ma a casa non si preparano più?
Perchè, sempre più spesso, se parli di coniglio, si hanno reazioni di quasi disgusto?
E sì che spesso sono tra quelle preparazioni, tra quei tagli di carne più economici, e non per questo meno buoni di altri, anzi!
O più semplicemente è un fatto di moda? come scrive l’Artusi, qui sui budini di farina di riso.
Ve lo riporto integralmente, è un po’ lungo, lo so, ma è davvero interessante, è un pezzo di storia, un pezzo di storia della Cucina Italiana:
La composizione di questo dolce, il quale probabilmente non è di data molto antica, mi fa riflettere che le pietanze pur anche vanno soggette alla moda e come il gusto de’ sensi varia seguendo il progresso e la civiltà. Ora si apprezza una cucina leggiera, delicata e di bell’apparenza e verrà forse un giorno che parecchi di questi piatti da me indicati per buoni, saranno sostituiti da altri assai migliori. I vini sdolcinati di una volta hanno lasciato libero il passo a quelli generosi ed asciutti, e l’oca cotta in forno col ripieno d’aglio e di mele cotogne, giudicato piatto squisito nel 1300, ha ceduto il posto al tacchino ingrassato in casa, ripieno di tartufi, e al cappone in galantina. In antico, nelle grandi solennità, si usava servire in tavola un pavone lesso o arrosto con tutte le sue penne, spellato prima di cuocerlo e rivestito dopo, contornato di gelatine a figure colorate con polveri minerali nocive alla salute, e pei condimenti odorosi si ricorreva al comino e al bucchero che più avanti vi dirò cos’era.
Le paste dolci si mantennero in Firenze di una semplicità e rozzezza primitiva fin verso la fine del secolo XVI, nel qual tempo arrivò una compagnia di Lombardi, che si diede a fare pasticci, offelle, sfogliate ed altre paste composte d’uova, burro, latte, zucchero o miele; ma prima d’allora nelle memorie antiche sembra che sieno ricordati soltanto i pasticci ripieni di carne d’asino che il Malatesta regalò agli amici nel tempo dell’assedio di Firenze quando la carestia, specialmente di companatico, era grande.
Ora, tornando al bucchero, vi fu un tempo che, come ora la Francia, era la Spagna che dava il tòno alle mode, e però ad imitazione del gusto suo, al declinare del secolo XVII e al principio del XVIII, vennero in gran voga i profumi e le essenze odorose. Fra gli odori, il bucchero infanatichiva e tanto se ne estese l’uso che perfino gli speziali e i credenzieri, come si farebbe oggi della vainiglia, lo cacciavano nelle pasticche e nelle vivande. Donde si estraeva questo famoso odore e di che sapeva? Stupite in udirlo e giudicate della stravaganza dei gusti e degli uomini! Era polvere di cocci rotti e il suo profumo rassomigliava a quello che la pioggia d’estate fa esalare dal terreno riarso dal sole; odor di terra, infine, che tramandavano certi vasi detti buccheri, sottili e fragili, senza vernice, dai quali forse ha preso nome il color rosso cupo; ma i più apprezzati erano di un nero lucente. Codesti vasi furono portati in Europa dall’America meridionale la prima volta dai Portoghesi e servivano per bervi entro e per farvi bollir profumi e acque odorose, poi se ne utilizzavano i frantumi nel modo descritto.
Ora, tornando al bucchero, vi fu un tempo che, come ora la Francia, era la Spagna che dava il tòno alle mode, e però ad imitazione del gusto suo, al declinare del secolo XVII e al principio del XVIII, vennero in gran voga i profumi e le essenze odorose. Fra gli odori, il bucchero infanatichiva e tanto se ne estese l’uso che perfino gli speziali e i credenzieri, come si farebbe oggi della vainiglia, lo cacciavano nelle pasticche e nelle vivande. Donde si estraeva questo famoso odore e di che sapeva? Stupite in udirlo e giudicate della stravaganza dei gusti e degli uomini! Era polvere di cocci rotti e il suo profumo rassomigliava a quello che la pioggia d’estate fa esalare dal terreno riarso dal sole; odor di terra, infine, che tramandavano certi vasi detti buccheri, sottili e fragili, senza vernice, dai quali forse ha preso nome il color rosso cupo; ma i più apprezzati erano di un nero lucente. Codesti vasi furono portati in Europa dall’America meridionale la prima volta dai Portoghesi e servivano per bervi entro e per farvi bollir profumi e acque odorose, poi se ne utilizzavano i frantumi nel modo descritto.
Nell’Odíssea d’Omero, traduzione d’Ippolito Pindemonte, Antinoo dice:
… Nobili Proci,
Sentite un pensier mio. Di que’ventrigli
Di capre, che di sangue e grasso empiuti
Sul fuoco stan per la futura cena,
Scelga qual più vorrà chi vince, e quindi
D’ogni nostro convito a parte sia.
Nel Tom. 6° dell’Osservatore Fiorentino si trova la descrizione di una cena, la quale, per la sua singolarità, merita di riferirne alcuni passi:
«Tra i piatti di maggior solennità si contava ancora il pavone, cotto a lesso con le penne, e la gelatina, formata e colorita a figure. Un certo senese, trattando a cena un Cortigiano di Pio II (alla metà del 1400 all’incirca) per nome Goro, fu sí mal consigliato in preparar questi due piatti, che si fece dar la baia per tutta Siena; tantopiù che non avendo potuto trovar pavoni, sostituì oche salvatiche, levato loro i piedi ed il becco.
«Venuti in tavola i pavoni senza becco e ordinato uno che tagliasse; il quale non essendo più pratico a simile uffizio, gran pezzo si affaticò a pelare, e non poté far sì destro, che non empiesse la sala e tutta la tavola di penne, e gli occhi e la bocca, e il naso e gli orecchi a Messer Goro e a tutti…
«Levata poi questa maledizione di tavola, vennero molti arrosti pure con assai comino; non pertanto tutto si sarebbe perdonato, ma il padrone della casa, co’ suoi consiglieri, per onorare più costoro, aveva ordinato un piatto di gelatina a lor modo, e vollero farvi dentro, come si fa alle volte a Firenze e altrove, l’arme del Papa, e di Messer Goro con certe divise, e tolsero orpimento, biacca, cinabro, verderame, ed altre pazzie, e fu posta innanzi a Messer Goro per festa e cosa nuova, e Messer Goro ne mangiò volentieri e tutti i suoi compagni per ristorare il gusto degli amari sapori del comino, e delle strane vivande.
«E per poco mancò poi la notte, che non distendessero le gambe alcun di loro, e massime Messer Goro ebbe assai travaglio di testa e di stomaco, e rigettò forse la piumata delle penne selvatiche. Dopo questa vivanda diabolica o pestifera vennero assai confetti, e fornissi la cena».
… Nobili Proci,
Sentite un pensier mio. Di que’ventrigli
Di capre, che di sangue e grasso empiuti
Sul fuoco stan per la futura cena,
Scelga qual più vorrà chi vince, e quindi
D’ogni nostro convito a parte sia.
Nel Tom. 6° dell’Osservatore Fiorentino si trova la descrizione di una cena, la quale, per la sua singolarità, merita di riferirne alcuni passi:
«Tra i piatti di maggior solennità si contava ancora il pavone, cotto a lesso con le penne, e la gelatina, formata e colorita a figure. Un certo senese, trattando a cena un Cortigiano di Pio II (alla metà del 1400 all’incirca) per nome Goro, fu sí mal consigliato in preparar questi due piatti, che si fece dar la baia per tutta Siena; tantopiù che non avendo potuto trovar pavoni, sostituì oche salvatiche, levato loro i piedi ed il becco.
«Venuti in tavola i pavoni senza becco e ordinato uno che tagliasse; il quale non essendo più pratico a simile uffizio, gran pezzo si affaticò a pelare, e non poté far sì destro, che non empiesse la sala e tutta la tavola di penne, e gli occhi e la bocca, e il naso e gli orecchi a Messer Goro e a tutti…
«Levata poi questa maledizione di tavola, vennero molti arrosti pure con assai comino; non pertanto tutto si sarebbe perdonato, ma il padrone della casa, co’ suoi consiglieri, per onorare più costoro, aveva ordinato un piatto di gelatina a lor modo, e vollero farvi dentro, come si fa alle volte a Firenze e altrove, l’arme del Papa, e di Messer Goro con certe divise, e tolsero orpimento, biacca, cinabro, verderame, ed altre pazzie, e fu posta innanzi a Messer Goro per festa e cosa nuova, e Messer Goro ne mangiò volentieri e tutti i suoi compagni per ristorare il gusto degli amari sapori del comino, e delle strane vivande.
«E per poco mancò poi la notte, che non distendessero le gambe alcun di loro, e massime Messer Goro ebbe assai travaglio di testa e di stomaco, e rigettò forse la piumata delle penne selvatiche. Dopo questa vivanda diabolica o pestifera vennero assai confetti, e fornissi la cena».
Pellegrino Artusi
Che ne dite?
Niente pavone cotto a lesso con le penne, solo le vostre considerazioni e riflessioni se vi va …
STINCO DI MAIALE AL FORNO
per 4 persone, costo totale meno di 10 euro
4 stinchi di maiale
rosmarino
aglio
olio extra vergine di oliva
pepe
sale
patate
Pillottare lo stinco con l’aglio e il rosmarino, salare, pepare e massaggiare bene con l’olio, meglio anche se qualche ora prima.
Adagiarlo in una teglia da forno ben unta e infornare a 180° / 200° per circa 2 ore facendoli rosolare bene. Continuare la cottura per ancora 1 ora bagnando ogni tanto con poco vino bianco o rosso per evitare che si secchi, e girandoli di tanto in tanto. Nel frattempo pelare le patate, tagliarle a grossi spicchi e gettarle in acqua bollente fino alla ripresa del bollore. Scolarle immediatamente, asciugarle, metterle in un’altra teglia, condire con olio, sale, pepe e rosmarino e infornare fino a che saranno croccanti, e servirle con lo stinco.
vino aromatico nalla spagnola
2lt di vino rosso
gr. 500 di acqua calda
gr.500 di zucchero
gr.50 di cannella macinata
Fare sciogliere lo zucchero nell'acqua calda insieme alla cannella e se si vuole una buccia di un limone .
intero.
Mescolare il tutto e lasciare raffreddare.
Mettere tutto in frigo e servire freddo. In estate vi assicuro che è una bomba.
Stinco di maiale arrosto
Ingredienti: uno stinco di maiale, condimento per arrosto, un bicchiere di nvino rosso, sale q.b
Prendere un tegame capiente e profondo, mettere lo stinco e spolverarlo con il condimento per arrosto. Metterlo sul fuoco e iniziare a far rosolare lo stinco dam tutti i lati. Quando è ben rosolato mettere il vino e lasciarlo evaporare. Continuare a cuocere lo stinco, avendo l'accortezza di girarlo spesso. Servire caldo con contorno di patatine fritte o al forno
incrociamo le dita 😉
Grazie mille Paoletta!
Domenica, a pranzo ci sarà una ragazza molto felice. 😀
Speriamo che il mio forno collabori…
@elga, per i tagli e non solo, ma vabbè 😉
@sandra, forse sì, ma credo facesse un misto!
@lauretta, grazie, sei gentilissima!
l'hanno tolta 🙂
@forchettina, hai assolutamente ragione. però la salsa per i crostini si taglia in certe zone, quelle che si avvicinano all'umbria 🙂
@marjlet, essì, un po' è colpa nostra, mi ci metto anche io, ma sto cercando di recuperare, te sei ancora in tempissimo 😉
@annamaria, la sento a breve, glielo chiederò !
@annavis, e quindi sì, dipende dalla tradizione di una regione, altrimenti figurati se trovi lo stinco in mensa :))
@grande sciopina :))))
@ilaria, eh già i conigli stanno diventando animali di compagnia, forse è anche questo 🙂
A TUTTI, grazie :))
Sta a noi mantenere le tradizioni! Trippa, cordula, conigli, o la lepre in stagione, a casa di "mamma" si mangiano ancora tutte 'ste cose buonissime! Peccato che qui in America i tagli sono diversi! E i conigli, bhe quelli e` meglio non toccarli, dolci animali da compagnia!
qui a firenze lo stinco si trova abbastanza… almeno nel super dove vado io 🙂
Lo stico mi piace moltissimo e avolte cerco di cucinare questi piatti dimenticati. Pensa che oggi ho cucinato la coda alla vaccinara e la trippa la faccio spesso perchè mi piace da morire!
In macelleria non so, ma a Padova le mense universitarie propongono lo stinco con una certa regolarità… Io (che sono sarda) non l'avevo mai mangiato prima ma da noi il maiale (maialetto – porceddu), come sapete, si arrostisce tutto intero!
Io non l'ho mai cucinato, ma l'ho visto spesso nei supermercati di Brescia e dintorni, comunque a volte lo compro già cotto ed è buonissimo e non costa molto.
Un'altra cosa, qualche mese fa mi chiedesti di ricordarti di chiedere ad Antonia se conosceva una ricetta che mia madre faceva sempre a Natale e le chiamava le zeppole di Natale, è una ricetta napoletana e ricordo che nell'impasto usava il miele e che poi le friggeva, io purtroppo non posso più chiederle la ricetta.
Grazie
Annamaria
ti è venuto benissimo!!!
se vai sul mio blog c'è un premio per te!
Ciao Paoletta, anche secondo me è una questione di moda…Io comunque sono romagnola e qui lo stinco non manca per fortuna ;-)) tra l'altro la ricetta che hai presentato è proprio come quella che ho "ereditato" da mia madre! E' ottima direi!
Grazie Ciao Arianna
Paoletta concordo pienamente su quanto hai scritto!
Anche io penso spesso questa cosa e anche io sto cadendo nel vortice di chi non propone ai propri figli questi sapori che fanno parte della nostra infanzia!
Mi chiedo come posso pretendere che d'adulti non storciano il naso d'avanti ad un piatto di trippa!La colpa sarà soltanto mia.
La cosa strana è che sono stata cresciuta con tutto cio' che hai mensionato e ricordo che ne andavo proprio matta: fette di fegato grigliate (forse mai fatte assaggiare ai miei figli), terrine di fegatini di pollo e durelli cotte in una salsa di pomodoro profumata con prezzemolo e basilico, la trippa, la cotenna che mia madre a carnevale metteva dentro al ragu' per addorcirlo insieme a delle ossa con midollo che si faceva dare appositamente dal macellaio… potrei continuare all'infinito!
Purtroppo dobbiamo ammettere che si ha un pò paura nei confronti di certi alimenti, un pò per questo un pò per ignoranza pensando che un petto di pollo sia meglio di una fetta di lonza di maiale o una fetta di pesce spada meglio del meno costoso pesce azzurro!
Poi capirai, parlo io che difendo con mani e piedi le tradizioni… quindi ben vengano le ricette semplici messe nel dimenticatoio ma che devono assolutamente essere provate!
Adoro leggere l'Artusi. Mio marito mi ha regalato il libro e il primo esperimento ha riguardato le cotogne, ma ci sono mille altri spunti interessanti. Partendo proprio da quelle ricette che sembrano così lontane dalle nostre abitudini e fanno riscoprire tempi passati o fanno rispolverare le origini di alcuni comportamenti.
Buon week end!
Questo è un post serio 😉 Grazie per questo scorcio artusiano fa' bene rileggerlo. Per quanto riguarda le carni ma vale anche per il pesce il pezzo è come ben dici legato alla tradizione e alla mode ma non ho ancora bene capito come né perché. Lo stinco l'ho scoperto al ristorante per dire. Quanto al pavone no comment 😉
Secondo me c'è da tenere in considerazione anche una cosa: i palati si abituano a mangiare certi piatti e non riconoscono più certi sapori. E' come per la salsa per crostini toscana (quella con i fegatini), che ormai tagliano con macinato di vitello per renderla meno forte e farla apprezzare a più persone, anche se così si perde il sapore tradizionale.
I gusti (veicolati anche dalle mode) cambiano. Nel bene e nel male. A volte è più semplice approcciarsi a sapori esotici e nuovi, che riscoprire i propri sapori antichi : una vera stranezza !!!
ciao Paoletta ti volevo avvertire che su questo sito c'è una tua foto e non so se l'hai autorizzata, l'ho trovata per caso, scusa se te lo scrivo qui, il sito è questo :
errecomeroma.it/index.php?variabile=articolo&code=218
ciao
Era forse il cuore che usava tua nonna?
Ciao Sandra