Firenze e Il panino co’ i’ lampredotto

“Più amato delle rime di Dante, più conosciuto delle ceramiche dei Della Robbia, antico come Palazzo Vecchio, il lampredotto è una pietanza che i fiorentini consumano e apprezzano…” Così ne parla Taccuini Storici

Che il lampredotto sia conosciuto in tutto il mondo, non solo a Firenze, be’ è una certezza, pare che pure in Giappone ci siano sito dedicati a questa prelibatezza fiorentina, ma che ci sia qualcuno che non lo conosce ancora o non lo ha mai mangiato, è un dato di fatto!
 
Intanto vi dico che il lampredotto è una delle quattro parti dell’intestino, ma non è la trippa, si mangia in una croccante rosetta le cui facce interne sono appena bagnate del brodo bollente dove è stato bollito il lampredotto, condito con sale e una generosa spolverata di pepe nero, salsa verde o “olio santo”.
Se passate da Firenze, non mancate di cercare uno di quei piccoli chioschi ambulanti, li trovate seguendo il profumo… leggete anche questo simpatico reportage.
 
Se intanto volete farvelo a casa, chiedetelo al vostro macellaio di fiducia, io vi do la mitica ricetta di Gabriele Giovanelli, detto Il Tosco, di Coquinaria:
 
IL LAMPREDOTTO
… non esiste una ricetta: va fatto lessare in acqua non salata con molti, molti odori di quelli normali per il brodo: sedano, cipolla, carota. Io ci ho messo anche il prezzemolo. Dice: ma perché senza sale? L’ho fatto per seguire letteralmente la ricetta dei bancarellai fiorentini, che non possono salare l’acqua di partenza in quanto il loro continua a sobbollire dalle 8 alle 13; e se partissero da brodo normalmente salato, dopo un paio d’ore di gas senza coperchio avrebbero del ranno.
 

 

Il panino si compone tagliuzzando il lampredotto e mettendolo sopra la metà inferiore svuotata della mollica; abbondante salatura, aggiunta di salsa verde e volendo di olio piccante, poi si infilza nel forchettone l’altro mezzo panino e lo si imbeve nel brodo (anche questa opzione è facoltativa). Fatto. 
 

 

Andrebbe mangiato con sullo sfondo la chiesa di S. Lorenzo e le cappelle medicee, nonché un facchino dei mercati generali che ti urla: “O grullooooo! T’un lo ‘edi ‘e ti gocciola tutt’ì bbrodo sù carzoni?”. Ma è buono anche a casa vostra.
 
La salsa verde è un semplicissimo trito fine di aglio e prezzemolo in olio d’oliva, con aggiunta di sale e pepe. Niente a che vedere con la salsa verde da bollito, tanto per capirci, che almeno per la mia conoscenza è molto più elaborata e ricca di ingredienti (mollica di pane in aceto, uovo sodo, in certi casi acciughe, eccetera). L’ “olio santo” invece è solo una infusione di peperoncini piccanti (zenzeri, da noi) in olio d’oliva. Dev’essere veramente esplosivo, in modo che basti una goccia o due per “infuocare” il panino; altrimenti fra verde e piccante diventa troppo oleoso. Molto importate anche la rapidissima tuffatura di metà panino nel brodo bollente, in maniera da ammorbidirlo un poco e renderlo meno “gnucco”. 
 

 

 

Infine, un consiglio: se lo fate, non buttate il brodo di cottura. Salatelo, fate tostare del riso in un soffrittino di cipolla e aggiungetelo a romaiolate per cuocerci il risotto. Finite con un pò di lampredotto tagliuzzato stavolta un pò più piccolo che nel panino, e mantecate con il parmigiano. Vi sembrerà di essere sui tavoli del “Coco lezzone”, celebre trattoria fiorentina ora ahimé troppo turistizzata, che ne faceva anni fa il suo primo piatto principale.
 

 

 

Ecco. Ti ho svelato tutti i piccoli segreti di un modestissimo lampredottaio!!! 
 
 
Gabriele, smack 🙂
 
I Lungarni
 

OT: 
PAN PESCATORE
Qualcuno ne conosce la ricetta?
 

 

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