Dei biscotti del lagaccio, di ricette, e…



‘I corsi di panificazione fanno bene alla salute’ (da Flavia)
Per primo, ti prendi un giorno o due tutti per te, lontano dall’ufficio, dal telefono e… anche dalle noie del quotidiano di casa. E questo è già molto sano.
Poi conosci un bel posto nuovo, dove non saresti mai andata  se non fosse per imparare i segreti dei lievitati: sufficientemente vicino per sentirti a tuo agio e sufficientemente lontano per non ritrovarti tra le solite facce.

Inoltre serve per ricordarsi saggi ammonimenti: nonna mi diceva: “le cose si possono fare “a ‘ffaccenna”*  o con la bona grazia: con la buona grazia è meglio, vengono meglio, stai meglio tu e chi ti sta vicino”. 
Al corso  si respira la “bona grazia”, si tocca  la passione: la tua e quella di chi incontri, tutti accomunati dalla gioia di fare e imparare trovandosi insieme.

Impastare è azione quasi primitiva e rituale: non è un semplice svago solo per te, per misurarti con il tempo, con l’agilità o con la destrezza: c’è questo, ma anche di più: c’è il presente del contatto con la materia viva e il poi  di chi  assaporerà il risultato del tuo lavoro.

Mi sono concentrata sulle mani… mani  di tutte le età: affusolate, delicate, oppure robuste e decise, segnate dal tempo o ancora profumate dei libri di scuola; agili o impacciate,  linde o  infarinate e impasticciate, comunque, rimandano alla cura. 
Cura per una passione, ma anche per gli affetti, per la famiglia e per l’amicizia.

E le vostre mani, Paoletta  e Adriano, testimoniano non l’ambizione del  mostrare, ma il desiderio e la soddisfazione di trasmettere tutto quanto ho cercato di esprimere.
Grazie Adriano e Paoletta e grazie a tutti i compagni di questa bella avventura che mi ha fatto e mi farà stare bene.

Flavia
*traduzione letterale: come una faccenda = cosa da farsi = dovere


Grazie a te, Flavia, alla persona meravigliosa che sei… perché in poche, semplici righe, sei riuscita ad esprimere ciò che a volte non si riesce né con lunghi post, né con le foto.
E le sensazioni che mi hai lasciato sono state e sono ancora fortissime, e se pure, di questo tuo scritto prezioso, ne sono un po’ gelosa, è comunque forte il desiderio di condividerlo col mondo…
E grazie a tutti quelli che incontriamo lungo il nostro percorso, perché ognuno di loro ci regala un po’ di se, in qualunque modo lo faccia.

Parto di nuovo per un nuovo giro di corsi, vi lascio con le foto di quelli appena passati, le trovate qui, e con dei ricordi, che siano ricette, foto e emozioni.
E con una ricetta semplice, i biscotti del lagaccio, semplice come lo scritto che accompagna questo post.
A presto,
Paoletta


I BISCOTTI DEL LAGACCIO col lievito madre

Ingredienti:
225 gr di manitoba (non professionale)
225 gr di farina 0 per pane
120 gr di lievito madre (già rinfrescato un paio di volte e maturo)
200 gr di acqua
135 gr di zucchero
135 gr di burro
8 gr di sale
8 gr. di semi di anice
1 cucchiaio di miele

Procedimento:
Sciogli 80 gr di zucchero in 100 gr. di acqua, insieme al lievito madre rinfrescato, maturo e spezzettato. Se hai l’impastatrice, fai tutto nella ciotola.
Nel frattempo sciogli bene lo zucchero rimanente (55 gr) in 80 gr di acqua. I restanti 20 gr di acqua li riserverai per inserire il sale.
Quando il lievito madre sarà quasi sciolto, inserisci il gancio, e aggiungi poca farina quanta ne basta a ottenere un impasto consistente ma ancora molto morbido.
A questo punto continua ad impastare alternando l’acqua con lo zucchero alla farina. Di quest’ultima ne dovrai riservare 2 o 3 cucchiai.
Poi versa nella ciotola l’acqua rimanente, subito dopo il sale e impasta fino a quando l’impasto si presenterà liscio.
Aggiungi il miele inserendolo poco alla volta.
Ora aggiungi il burro (che avrai tirato fuori dal frigo all’inizio dell’impastamento), poco alla volta, fino ad inserimento completo e continua ad impastare fino a che l’impasto si presenterà liscio.
Durante tutto l’impastamento, ribalta ogni tanto l’impasto.
Infine, aggiungi i semini di anice, e impasta quel poco che basta a distribuirli.
Lascia lievitare l’impasto circa 45′ coperto da pellicola. Poi forma dei filoncini che metterai a riposare su delle teglie coperte da carta forno, fino al raddoppio.
E’ impossibile stabilire un tempo, questo dipende dalla forza del tuo lievito madre.
A questo punto inforna a circa 190°/200° fino a che i filoncini si presenteranno belli dorati.
Lascia che si raffreddino bene, altrimenti faticherai a tagliarli. Puoi lasciarli anche fino a 12 ore. Dopodiché taglia i biscotti di sbieco e infornali a circa 150° girandoli almeno una volta, e comunque fino a che si asciugheranno bene.
E’ importante che perdano tutta l’umidità, in questo modo, conservandoli in una scatola di latta, dureranno moltissimo… quanto non lo so, perché i miei sono finiti subito 😉

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Dell’Isola di Rosa, di questo angolo di paradiso, ho parlato già qui… e anche qui.

Corsi di panificazione alla Tenuta San Marcello (Ancona) 25 e 28-29 maggio
(fai click sull’immagine per vedere tutte le foto)

Pascale e le sue ricette, credo le conosciate già:  c’è chi il suo splendido tabulè lo ha fatto più volte durante l’estate. Qui la sua frolla.
Del posto, la Tenuta San Marcello, dove abbiamo organizzato a maggio per la seconda volta, avevo parlato qui.

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E queste sono le miacce. Ce le ha preparate Mela, insieme a Maurizio. Loro due insieme fanno Melizio.La loro deliziosa casetta casetta delle favole, aperta a tutti, a chi vuol soggiornare e passare qualche giorno fuori dalla realtà, e agli amici. Non ho foto, vi tocca andare a verificare 😉 … ma vi assicuro che mentre si sta lì, insieme alla capretta, un maiale, Igor (in foto), le oche, i gatti… ti aspetti che, da un momento all’altro, da qualche cespuglio, o al di là del ruscello che costeggia la casa, all’improvviso esca anche uno gnomo o una fatina dei boschi. Alcune foto dal sito.


MIACCE VALSESIANE (di Mela e Maurizio) 

1 lt latte
1 kg farina
200 ml panna liquida
2 bicchieri di acqua naturale
1/2 bicchiere di olio extra vergine di oliva
sale q.b.
Io naturalmente sbatto tutto insieme e non setaccio nemmeno la farina ma sono sicura che con il tuo intervento verranno ancora più buone! (direi che è impossibile ;-)).

Comunque, una volta ottenuta una pastella fluida e cremosa, ne verso un mestolo sul ” ferro per miacce” (già scaldato abbondantemente prima, deve essere bello caldo) unto con un pochino di burro ( la ricetta originale prevede una passata con del lardo non salato ma non è facile trovarlo quà da noi), chiudo il ferro e aspetto qualche minuto perchè si  formi una cialda dorata. Una volta che la miaccia si stacca facilmente dal fondo, la giro. In realtà basterebbe capovolgere tutto il ferro ma per fare meno fatica la giro come una crepes!!!



Vanno farcite con toma, pancetta, lardo, gorgonzola… ma anche con marmellate o nutella e quando ho pazienza ed aspetto che diventi bella croccante, me la gusto semplice… anche così è deliziosa.


La dose è per circa 30/35 miacce.

Mela &Maurizio

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Di Valeriano, che altro dire? Se non che ci coccola, ci vizia… e non solo noi. 
Questa la ricetta del suo risotto alla salsiccia, la pubblico così come me l’ha inviata ed è così che l’ha preparata anche al corso:
Le mie letture serali sono dal 1998, anno in cui ho subito un infarto e mi sono convertito… dedicate quasi esclusivamente alla cucina, leggo tutte le  ricette che vedo pubblicate sia sui testi all’uopo creati, sia sulle riviste che poco hanno a che vedere con il cibo, tutto insomma ciò che parla di nutrimento mi interessa ed essendo anche da sempre un patito degli insaccati sia crudi sia cotti ho elaborato questa ricetta.

Nasce da una ricetta letta su un testo di cucina  Lombarda, “ RISOTTO ALLA MONZESE” la ricetta prevedeva la marinatura della salsiccia nel vino rosso per qualche ora e poi il suo inserimento a circa ¾  cottura del riso stesso.
Leggendo la ricetta la prima sensazione è stata non buona avendo percepito con il pensiero il gusto acido del vino anche se insaporito dagli aromi del salume, per cui è scattata la modifica e la ricetta elaborata e provata da due AUTOREVOLISSIME forchette è la seguente:

RISOTTO CON SALSICCIA
Per 4 persone:
1 cipolla bionda dimensioni medio/piccole
4 cucchiai olio evo
1 noce di burro
3 salamelle mantovane (sono speziate, per chi può sono in vendita Esselunga, le salamelle sono più saporite della salsiccia e normalmente vengono usate per la brace)
½ litro di latte fresco 
1 dado di carne sciolto nel latte (i liquidi presenti, latte e vino rosso fanno si che l’eventuale brodo da aggiungere sia talmente poco da non riuscire ad insaporire il piatto)
500 gr.  riso  Carnaroli  (mi raccomando)
½ litro vino rosso (io ho usato il Sassicaia ma ho esagerato, un buon barbera è sufficiente, non disdegno anche una bonarda se piace amabile in contrasto con il saporito della salamella)
4 cucchiai colmi di formaggio (io uso pecorino ValerianoDoc che non troverete da nessuna parte e quindi arrangiatevi con un pecorino romano che va bene quasi lo stesso)
Sale se necessario (visto il dado, la salamella, ed il pecorino)

In una pentola stretta ed alta spezzettate le salamelle private della pelle e coprite con il vino rosso, a fuoco vivo far bollire fino ad ottenere il colore del vino sul marrone e la salamella quasi nera come il vino ½ ora circa.  Avviare il soffritto di cipolla a julienne sottile con olio e burro (deve solo imbiondire) in una pentola larga possibilmente in alluminio spesso dove il risotto deve attaccarsi un po’ (è la parte migliore) comunque va bene anche la Woc, versare il riso e portarlo a tostatura in modo che assorba il sapore del soffritto, aggiungere qualche mestolo di latte portato ad ebollizione con il dado e portare a cottura rimestando continuamente ed aggiungendo il latte ad occorrenza (il riso deve essere sempre all’onda, mai asciutto) terminato il latte versare  tutto il vino (ancora caldo)e le salamelle, ad assorbimento aggiungere il formaggio grattugiato mescolare bene ed assaggiare di cottura, se necessario altro liquido basta dell’acqua calda (ne servirà pochissima). Quando ritenete che il riso sia alla cottura da voi preferita  spegnete curando che il tutto sia morbido, non asciutto, nell’eventualità aggiungete un mestolo d’acqua,  mescolate  coprite ed attendete un paio di minuti prima di servire (il Carnaroli tiene bene la cottura e l’eventuale aggiunta di poco liquido in più non altererà assolutamente il risultato.
Buon appetito!
Valeriano
(fai click sull’immagine per vedere tutte le foto)
Alla masseria San Jorio non siamo capitati per caso, o forse sì, forse un giorno è stato un bellissimo caso che Maria Rosaria ci ha contattati, ci ha fatto conoscere Juliette, la sua bellissima azienda agricola immersa in uno splendido verde acceso delle montagne abruzzesi, la loro produzione di marmellate, verdure sott’olio come poche ne ho assaggiate. Si respira un’aria di casa, alla masseria e non si ha la sensazione di essere lì per un soggiorno, ma ci si sente parte integrante di quel posto e della disponibilità delle persone che ti accolgono.
Non per nulla del progetto di Juliette ne ha parlato Linea verde, qui l’intervista.

Nelle foto: La produzione della marmellata di fragole della Masseria San Jorio, fatta così come la faresti a casa tua, così me l’ha inviata Juliette:

Confettura extra di fragole bio

Frutta utilizzata per 100g di prodotto: 130 g !

Ingredienti: fragole biologiche appena raccolte, zucchero di canna
(300g per kg di frutta al netto) succo di limone.


Dopo aver lavato e mondato le fragole  con acqua resa acidula con succo
di limone, tagliarle in 4 parti, pesarle e versarle una pentola
iniziando la cottura a fiamma viva, far bollire per pochi minuti,
aggiungere lo zucchero e il succo di limone e cuocere sempre a fiamma
viva, valutando la consistenza  versando un cucchiaio di confettura in
un piatto. Invasare a caldo, in barattoli puliti, tappare e fare un
bagnomaria per 30′. Etichettare e conservare in dispensa.


Il gusto di questa confettura extra è dato dalla qualità e dal grado di
maturazione delle fragole appena raccolte, dall’assenza di pesticidi,
dalla lavorazione di piccole quantità, e dalla passione con cui viene
confezionata.


Si consiglia per gustarla al massimo di consumarla presto ma sempre in
piccole quantità!
Juliette

Corsi di panificazione a Tramonto su Assisi a Collestrada (Perugia) 18-19 e 22 giugno

(fai click sull’immagine per vedere tutte le foto)

Il corso in umbria si sarebbe dovuto svolgere nella scuola di cucina ‘Pane e ciliegie‘ di Simona. Alla fine, poi, rapiti dalla bellezza del posto, abbiamo organizzato nello splendido agriturismo dove anche Simona tiene i suoi corsi.
Tramonto su Assisi, va ben oltre qualsiasi immaginazione. Ci si arriva salendo, e mai potresti immaginare cosa trovi là in cima: un silenzio, una pace, un verde tipici delle campagne umbre… quel silenzio che ti tiene compagnia, dentro un paesaggio mozzafiato.

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