I pici o pinci toscani

I pici sono lontani parenti degli spaghetti. Il verbo “appiciare” è spesso usato nelle cucine della zona di Chiusi, Amiata, Val d’Orcia e della Val d’Arbia, dove significa fare i pici che sono una specie di spaghetti filati, è la parola giusta, a mano. Verso la zona di Montalcino, invce, vengono chiamati pinci.
La pasta è quanto di più povero possa eiste in materia culinaria. La tradizione la vuole infatti formata di sola acqua, farina e sale. Con questi ingredienti occorre preparare una pasta abbastanza dura.
Le uova sono raramente tollerate, e solo per fare colore. Questa pasta è stata il nutrimento dei più poveri per moltissime generazioni che si contentavano di condirli con pochissimo olio ed un trito di cipolla.
La confezione dei pici richiede tempo e pazienza, questo lavoro era riservato una volta alle bambine che lo giudicavano quasi un divertimento.
Si prepara la pasta e si tende in una specie di sfoglia alta un paio di centimetri dalla quale si ricavano dele piccole strisce che vengono lavorate tra le mani filando il picio più sottile ed uniforme possibile. Poi si stendono i pici ad asciugare su una tovaglia e spolverati di farina di granturco perchè non si appiccichino tra di loro.
I condimenti:
La tradizione li vuole conditi “all’aglione o “alle briciole”, che sono i condimenti che vanno per la maggiore.
Il sugo detto “all’aglione“, viene preparato in una padella semplicemente pestando nell’olio extravergine abbondanti spicchi d’aglio, avendo cura che la fiamma sia bassa, per evitare che l’aglio soffrigga eccessivamente: se cuoce troppo rapidamente cede all’olio poco aroma, rilasciando un gusto amaro.
Quando l’aglio è appena indorato (vale sempre la regola di evitare che l’aglio si secchi troppo o addirittura bruci), asi aggiunge il peperoncino e, subito dopo, i pomodori tagliati a dadini. Il sugo deve rimanere abbastanza fresco.
I pici, appena scolati, vengono messi al fuoco un paio di minuti ad insaporirsi nel condimento caldo e serviti con una spolverata di pecorino piccante.
Il sughetto con le briciole è il condimento tra i più umili e semplici. La base sono le briciole ottenute da un paio di fette di pane, meglio se raffermo e leggemente tostato.
Si fanno rosolare queste in olio extravergine, sale e pepe e uno spicchio d’aglio in camicia, e si cuoce infine i pici in abbondante acqua salata, con un filo di olio per non farli appiccicare, si scolano bene e si passano in padella con le briciole.
Una bella grattugiata di pecorino, ed il piatto è pronto.
Un altro modo per praparare questo sughetto è di far soffriggere un paio d’acciughe in olio e quando queste si sono disfatte, si aggiungono le briciole, il pepe e sale ma solo non è sufficientemente saporito.
Ma nella zona della montagna si trovano spesso conditi con un ragù di salsiccia e funghi. Altri sughi utilizati per condirli sono molto spesso il “ragù tradizionale alla chianina” e il “sugo di nana“, nana è l’appellativo, in vernacolo toscano, dell’anatra, ma sono ottimi anche con il “classico ragù“
Oggi i pici vengono spesso preparati in feste e sagre.
Una tra le più note è la Sagra dei pici a Celle sul Rigo che celebra dal 24 al 25 maggio il suo piatto tipico. La sagra dei pici fu organizzata nel 1970 dalla Società Filarmonica per far conoscere il paese, un ridente borgo medievale situato fra la Val d’Orcia e la Valle del Paglia.
Si tratta della più antica manifestazione del Comune di San Casciano dei Bagni, durante la quale le donne del paese si cimentano nell’antica ricetta, e che realizzano pazientemente a mano con un impasto d’acqua e farina.
Io li ho preparati così.
Ingredienti:
150 gr di farina di grano duro
350 gr di farina 00
2 cucchiai di olio evo
1 uovo
200 ml di acqua (o meglio dire q.b. per un impasto abbastanza duro ma lavorabile)
farina di mais fioretto per spolverare
Procedimento:
Disponete la farina a fontana sulla spianatoia e versatevi al centro l’acqua tiepida leggermente salata, l’uovo e l’olio, quindi impastate la farina cominciando dal centro della fontana, e lavorate energicamente per un quarto d’ora, aggiungendo al bisogno acqua tiepida, fino a ottenere un panetto liscio e sodo.

Spianare ora la pasta con il mattarello e fare un disco alto circa 2 cm, coprire con un tovagliolo umido e lasciar riposare per circa 15 minuti o più.

Dividete in pezzi la pasta ottenuta, arrotolate questi sulla spianatoia con il palmo della mano in modo da formare dei cilindri e, prendendone uno alla volta (gli altri copriteli con un telo da cucina per non farli seccare), tagliatene dei pezzetti tali da da ottenere, arrotolandoli ancora con il palmo della mano sulla spianatoia, degli spaghettoni lisci (i pici, appunto, o pinci), grossi più o meno come i bucatini e molto più lunghi dei normali spaghetti, circa 30 cm.
In questo modo:
Stendeteli su di una tovaglia e spolverare con farina di mais fioretto per evitare che si attacchino tra di loro. Far asciugare un paio d’ore coperti da un telo o tovaglia.

Ponete ora sul fuoco in una pentola abbondante acqua salata e, quando prenderà il bollore, buttatevi i pici, mescolandoli delicatamente con un forchettone di legno; appena verranno a galla, scolateli, versateli in un piatto fondo da portata e conditeli con un qualunque sugo a piacere tra quelli indicati sopra.
Io li ho conditi “all’aglione”
